Cop27: la conferenza senza risposte
Si è conclusa pochi giorni fa la ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la famigerata Cop27, tenutasi a Sharm el-Sheikh dal 6 al 20 novembre scorso. Com’è andata? Grande successo o clamoroso fallimento? I pareri di istituzioni, esperti e organizzazioni non governative sono molto discordanti a riguarda, ma cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Sul fronte della giustizia climatica, gli avanzamenti ci sono stati eccome. La decisione di stanziare un fondo (Loss and Damage) con cui indennizzare le nazioni più povere della terra e più a rischio per via dei cambiamenti climatici è un qualcosa di storico, senza precedenti.
Non si può dire altrettanto in tema di mitigazione, ovvero sull’abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra dove non si è registrato alcun tipo di avanzamento.
La Cop27 lascia dunque un sapore agrodolce in bocca: se da una parte, dopo anni e anni di battaglia politica, si è riusciti a soddisfare le richieste delle nazioni più in difficoltà, dall’altra, non si sa ancora se questa promessa rimarrà tale. Funzionerà il nuovo fondo? Chi lo alimenterà? Quali sono le condizioni che ne governano il funzionamento? Chi ne ha diritto?
Immaginiamo che non si arresti poi il trend di crescita della temperatura media globale. Avremo mai a disposizione il denaro necessario per far fronte a tutti i danni che questo continuo aumento comporterà?
Per approfondire il tema e cercare di dar risposta a questi punti interrogativi, abbiamo analizzato i pareri di istituzioni, organizzazioni non governative e esperti del settore pubblicati sul web.
Istituzioni
Per quanto riguarda le istituzioni, la reazione del segretario generale delle Nazioni Unite, Antònio Guterres, ben sintetizza quanto anticipavamo: la Cop27 ha rappresentato sì un grande passo in avanti ma “non basta” anche perché sul fronte delle emissioni di fas “questa Cop non ha dato risposte”.
Più positivo l’analisi pubblicata dal nostro Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui “l’approvazione finale del pacchetto alla Cop27 rappresenta un passo positivo nelle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici. E l’Italia ha fornito un rilevante contributo, partecipando al massimo livello”.
Organizzazioni non governative
Anche le organizzazioni non governative hanno voluto sottolineare la natura ambivalente dei risultati della Cop27.
Greenpeace, ad esempio, commenta “lo storico accordo sul fondo per loss and damage è importante, ma ancora non ci sono progressi significativi sull’uscita dei combustibili fossili”.
La nostra Legambiente per sintetizzare l’evento ha utilizzato un gergo calcistico: “Cop27 salvata ai tempi supplementari”. Secondo l’organizzazione italiana l’Europa (Italia compresa) non hanno più scuse: “Occorre accelerare la giusta transizione verso un futuro 100% rinnovabile in linea con l’obiettivo degli 1,5 gradi”.
Decisamente più allarmistica la posizione di Wwf Italia, secondo il quale il fondo per il loss and damage “rischia di diventare un fondo per la fine del mondo se si continueranno a non affrontare i veri nodi della crisi climatica”.
Personaggi di spicco e esperti del clima
Greta Thunberg, la giovane attivista svedese, ha voluto porre l’attenzione sul mancato accordo vincolante per la riduzione della temperatura media nel mondo di 1,5 gradi. In assenza di tale patto, si mettono in pericolo le infrastrutture vitali da cui dipendiamo.
Naomi Klein, giornalista e attivista canadese, si è concentrata sui diritti umani definendo la Cop27 “un accordo debole sul clima che protegge chi inquina”.
Sulla stessa scia il commernto di Laurence Tubiana “La Cop27 ha provocato profonda frustrazione, ma non è stata inutile. È stato raggiunto un significativo risultato per le nazioni più vulnerabili”.
Cosa succedere ora?
Dei risultati della Cop27 si continuerà a discutere ancora a lungo. I prossimi mesi saranno fondamentali per constatare la veridicità e la consistenza dello stanziamento a fondo perduto Loss & Damage. Nel frattempo le emissioni di anidride carbonica, complice la situazione economica internazionale e la guerra in Ucraina, non sono destinate a diminuire. Diversi paesi sono stati costretti ad aumentare le combustioni di fossili inquinanti piuttosto che stipulare accordi di lunga durata con nuovi fornitori di gas naturale, come l’Italia, che dovranno essere rispettati. Se poi vi aggiungiamo il maggior costo delle materie prime e l’inflazione che sta mettendo a dura prova le economie del vecchio continente, anche gli obiettivi di sostenibilità per la produzione di energia elettrica corrono il rischio di non essere traguardati.
E noi cosa possiamo fare?
Innanzitutto attenzionare il tema della governance del fondo affinché non si tramuti in una discussione senza fine dopodiché, nel nostro piccolo, accelerare il processo di transizione energetica per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Proviamo a dare il buon esempio ai “grandi”, che dalla Cop21 del 2015 hanno fatto poco o nulla.